Sensitometria in 10 capitoli — Capitolo 7 —

Sensitometria in 10 capitoli


CAPITOLO 7

 

 

Melius abundare quam deficere

Se si perde qualche minuto ad osservare le curve caratteristiche pubblicate dai fabbricanti di materiale sensibile, ma anche le curve disegnate dagli appassionati che si cimentano nella pratica della sensitometria, si può notare che nelle pellicole di recente fabbricazione la zona della spalla è molto attenuata se non talmente in alto nella curva da non essere mai raggiunta nelle normali condizioni d’uso, anche in presenza di errori di esposizione importanti. Anzi in molti grafici non appare neanche. Questo significa che la maggior parte delle pellicole attualmente in commercio riescono a registrare dettagli della scena anche se molto sovraesposte.

Per contro tutte le curve presentano un piede, al di sotto del quale la pellicola non registra nessun dettaglio.

Inoltre, come visto nel precedente paragrafo, la compressione tonale agisce soprattutto sui toni scuri abbassando il contrasto locale con una perdita di separazione tonale nelle ombre.

Nelle parti precedenti si è visto come l’esposizione corretta è una e una sola, cioè quella che permette di “incastrare” la gamma di luminanza del soggetto (SBR) nella scala di esposizione della carta (ES) usando il giusto gradiente di contrasto in sviluppo.

Fatte queste premesse si capisce facilmente che, in caso di incertezze, sovraesporre permette, nella maggior parte dei casi, di registrare particolari del soggetto sul negativo che, con qualche acrobazia in camera oscura, potranno essere riportati in stampa. La sottoesposizione, invece fa lavorare la pellicola sul piede, lì dove è più alta la compressione tonale, mentre i toni più scuri non riusciranno a superare la soglia di esposizione della pellicola, e saranno irrimediabilmente persi.

Nella figura, che riporta curve caratteristiche reali pubblicate dal fabbricante, si vede in verde un soggetto di contrasto normale esposto correttamente; lo sviluppo è tale che l’SBR rientra in un ES della carta di poco più di0,9, quindi tutta la gamma tonale verrà ben riprodotta su carta di gradazione 2.

In blu si vede che ne caso ci sia un errore di sovraesposizione di 2 stop tutti toni del soggetto rientrano nella curva caratteristica e non si avrà perdita di toni e dettagli; il negativo sarà molto denso ma conterrà tutte le informazioni della scena fotografata e aumentando il tempo di esposizione sotto l’ingranditore sarà possibile ricavare una buona stampa da questo negativo.

In rosso invece è riportato l’effetto di una sottoesposizione di 2 stop: più di un quarto della gamma tonale del soggetto cade al di sotto della soglia di esposizione della pellicola, le ombre e i toni medi-scuri del soggetto non vengono registrati dalla pellicola che rimarrà praticamente trasparente. In stampa non sarà possibile recuperare ciò che il negativo non ha registrato e queste tonalità saranno riprodotte come nero pieno senza dettaglio.

Tiraggio

Il “tiraggio” della pellicola consiste nell’aumentare lo sviluppo cercando di compensare l’effetto della sottoesposizione, e in termini sensitometrici questo è riportato nell’illustrazione qui sotto:

Dall’analisi delle curve (reali) si può notare che effettivamente si ha un guadagno di sensibilità, circa 1 stop, ma si ha ancora una perdita di dettaglio nelle ombre. Inoltre le densità raggiunte dalle luci a causa del sovrasviluppo sono tali che neanche la gradazione più morbida di carta è in grado di renderle in stampa, col risultato che si otterrà un negativo molto contrastato e praticamente impossibile da stampare con una qualità decente.

Quando si fotografa in condizioni di luce scarsa, o si devono usare tempi di scatto molto brevi o diaframmi molto chiusi, la scelta migliore è sempre quella di usare una pellicola più sensibile e considerare l’opzione del tiraggio come una tecnica d’emergenza. Purtroppo una pellicola a sensibilità variabile ancora non è stata inventata.

Quando si esagera si esagera

Le curve caratteristiche delle pellicole in bianco e nero di concezione più moderna tendono ad avere un tratto rettilineo molto lungo e senza un accenno della spalla. Questo comportamento indica che queste pellicole possono assorbire sovraesposizioni abbondanti e ci autorizza ad ipotizzare che l’andamento rettilineo possa continuare anche oltre i limiti dei grafici.

La pellicola sarà in grado di sopportare per due volte un soggetto di contrasto normale nella stessa curva? Ho eseguito una serie di scatti di test utilizzando una pellicola di nuova concezione, la Kodak T-Max 400, per confermare in pratica la situazione ipotizzata nel grafico sopra. Si voleva vedere cioè se questa pellicola è in grado di registrare una gamma dinamica di 14 stop oppure, detto con altre parole, se un soggetto di contrasto normale riesce ad essere riprodotto con una qualità sufficiente anche se questa 400 ISO viene usata come se fosse 3 ISO!

La scena fotografata era questa:

La gamma di luminosità del soggetto era di 1/3 di stop inferiore a 7 stop (6 stop e 2/3), anche se non sono 7 stop esatti, la tolleranza di 1/3 di stop mi sembra abbastanza piccola da non invalidare in ogni caso il test.

L’esposizione è stata presa su Zona III e al negativi è stata data un’esposizione di 1/125 f16 per il fotogramma esposto a EFS 400 e di 1/30 f2,8 per il fotogramma esposto a EFS 3.

La pellicola è stata sviluppata in D-76 stock a 20°C per 7’:30” con lo schema di agitazione suggerito da Kodak nel datasheet, 5 rotazioni di 180° in circa 5 secondi ogni 30” di sviluppo.

Chiaramente il negativo esposto a EFS 3 era molto denso e le alteluci hanno creato una diffusione all’interno dell’emulsione che ha parzialmente velato il bordo esterno e la spaziatura tra i fotogrammi adiaecenti.

I negativi sono stati stampati su carta Ilford Multigrade IV RC Portfolio, cercando di mantenere costanti i toni delle ombre e delle alteluci e i risultati ottenuti sono stati questi:

La prima considerazione è che l’ipotesi che abbiamo fatto all’inizio è stata confermata dalle prove pratiche: la pellicola ha retto 14 stop di range di illuminazione.

Anche se non adeguatamente riprodotta per i limiti imposti dalla scannerizzazione e dalla riproduzione su monitor, è comunque ben visibile la diversa resa tonale delle due stampe, causata dalle diverse porzioni di curva caratteristica su cui sono state esposte le due immagini.

La stampa a EFS 400 ha tutte le ombre più scure; queste infatti cadono sul piede della curva quando la pellicola è esposta al valore di sensibilità nominale, mentre le stesse tonalità sono su un tratto rettilineo sulla stampa a EFS 3. A riguardo si osservi come i dettagli dell’erba in ombra dove è stata presa la lettura esposimetrica in Zona III siano molto più contrastati sulla seconda stampa.

Dall’altro estremo della gamma tonale, le alteluci, il comportamento è invertito; le alteluci del fotogramma esposto a EFS 3 cominciano a risentire dell’appiattimento dovuto alla spalla (siamo tra Zona XVI e Zona XVII!); i dettagli del muro di sinistra sono più visibili sulla seconda stampa perché compressi e con contrasto locale più basso. Nella stampa EFS 400 invece sono praticamente prossimi al bianco puro della carta, come è giusto che sia per i Valori corrispondenti a Zona IX e (quasi) X.

Sicuramente è poco rigoroso, data la mancanza di dati oggettivi, ma dalle resa di queste due stampe si potrebbe ipotizzare un andamento della curva caratteristica di questo tipo:

L’innalzamento indicato nel punto A è la causa della resa generalmente più chiara delle ombre e dei mezzitoni della stampa EFS 3, mentre il punto B è l’ipotetica spalla della curva caratteristica che è causa della maggiore lettura delle alteluci sul negativo sovraesposto.

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