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DIY Recesky TLR: una toycam fai-da-te (Murphy permettendo)

Riporto il post sulla Recesky, pubblicato qualche giorno fa sul mio blog!

Finalmente la mia odissea con la Recesky è finita! Per chi non lo sapesse, la Recesky TLR è una biottica cinese (TLR vuole dire Twins lens reflex) completamente in plastica, che arriva a casa con il kit fai-da-te. Insomma, è una roba nerd: nella scatola, ci sono tutti i pezzi, le vitarelle e le lenti da montare seguendo le istruzioni.

Perchè parlo di “odissea”? Ora vi racconto come è andata … Continua a leggere

Giocare con la Diana F+

Cari amici di Analogica.it, eccomi qui a parlarvi di una delle regine del low-fi: la Diana F+.

Qualche tempo fa, quando ancora c’era il sole e faceva molto caldo, a causa di alcune letture, ho deciso di prendermi la Diana F+. Avendo già la Holga 120, non mi era mai venuto il pensiero di comprare anche la Diana F+. Tuttavia la curiosità ha avuto la meglio, soprattutto dopo aver guardato e ammirato attentamente alcune fotografie uscite fuori proprio da quelle lenti di plastica. E allora mi sono detta: diamo una possibilità alla Diana!

Ora, come immagino voi saprete, la Diana è considerata una delle toycamera per eccellenza, insieme alla mia amata Holga. Le caratteristiche principali, infatti, sono le lenti in plastica, l’aberrazione cromatica e lenticolare, la vignettatura e altri tipici “difetti”, come i lighleaks, cioè le infiltrazioni di luce. A differenza della Holga, però, la Diana F+ (sottolineo che sto parlando della versione della Lomography e non della Diana originale degli anni ’60) ha qualcosina in più. Per esempio? I diaframmi. Sono previsti: soleggiato (f/22) parzialmente nuvoloso (f/16 o f/11?, non ho mica capito) nuvoloso (f/8) e pinhole (f/150), aperture che cambiano a seconda della lente che ci si mette davanti. Infatti, la lente in dotazione è una 75mm (lente “normale” per il medio formato, cioè corrisponde alla visuale dell’occhio), ma si possono usare anche altre lenti come il fisheye, il tele, le macro, le wide, ecc.

La funzione pinhole è a mio parere un’aggiunta molto interessante, che rende la Diana F+ un’ottima compagna di avventure. Basta selezionare su pinhole, togliere la lente e mettere la posa B. Come vi avevo già detto, l’apertura dell’otturatore viene calcolata in base alla sensibilità della pellicola e alle condizioni di luce. Inoltre, in dotazione c’è un piccolo aggeggio in plastica a forma di “Z” legato alla macchina con un cordoncino (si vede nell’immagine sopra), che serve proprio a bloccare l’otturatore per lasciarlo aperto tutto il tempo necessario.

Per il resto, queste sono le altre caratteristiche tecniche:

  • messa a fuoco: 1-2 mt, 2-4 mt, 4 mt-infinito
  • velocità otturatore: posa N (1/60) e posa B
  • foro per treppiede
  • foro per cavo di scatto remoto
  • mascherine interne per 12 scatti (5,2×5,2), per 16 scatti (4,2×4,2) o per 16 scatti in modalità “endless panorama”

Il flash, invece, è un discorso a parte. Al posto del classico attacco “hot-shoe“, la Diana ha una specie di “presa della corrente” in cui infilare il suo Flash a spinotto. Se volete invece utilizzare un flash diverso, che magari già possedete, dovete procurarvi questo adattattore hot-shoe.

Devo dire che questo Flash mi è sempre piaciuto, soprattutto per le gelatine colorate da mettere davanti la lampada. Lo presi quasi due anni fa, dopo aver ricevuto in regalo la Diana Mini. Lo uso tutt’ora anche con le altre mie fotocamere, grazie all’adattatore per renderlo un normale flash con attacco hot-shoe:

Appena mi è arrivata la Diana, l’ho subito messa alla prova con una pellicola redscale che purtroppo si è rivelata un disastro. Quindi, ho resettato tutto e quando sono andata a Milano, me la sono portata dietro con una Lomography CN 100, una normalissima pellicola negativa a colori.

Ecco le foto:

© biondapiccola

© biondapiccola

© biondapiccola

© biondapiccola

© biondapiccola

© biondapiccola

© biondapiccola

Quando ho visto queste foto, ho subito pensato che il risultato è abbastanza simile a quello che si può ottenere con una Holga 120. Non che mi aspettassi qualcosa di così diverso, ovviamente. Dopo averla provata, però, posso dire che la Diana è un’ottima toycamera e capisco perfettamente chi è un “Diana-addicted“, specialmente se si considerano tutti gli accessori con i quali divertirsi, come le lenti, il dorso per sprocket holes, lo splitzer, e così via. Io penso di essere una “Holga-addicted“, ma non per questo lascerò che la mia Diana prenda polvere sulla mensola!

Silvia – Holga my dear

LC-W: la nuova WIDE by Lomography

Riporto per intero l’articolo del mio blog sull’ultima nata in casa Lomography.

E’ uscita proprio ieri per la Lomography, la LC-Wide. Una versione ultra-grandangolare della LOMO per eccellenza, la LC-A.

Prima di conoscere meglio la neonata LC-W, guardiamoci l’unboxing di Mijonju, tanto per una prima impressione:

Quella che sto per fare non è una vera e propria recensione della LC-W, dato che non ho avuto il piacere di provarla. Il mio intento è semplicemente quello di guardare insieme a voi le caratteristiche, per capire di che prodotto si tratta.

La LC-W si presenta come un ibrido tra la LC-A+ e la Diana Mini. Della LC-A+ ha ripreso la completa automaticità di tempi e diaframmi, il selettore per le sensibilità dalla pellicola, la possibilità di fare esposizioni multiple e il cavo di scatto flessibile per la posa B. Della Diana Mini, invece, ha ripreso la possibilità di cambiare il formato della foto. Con la nuova LC-W, dunque, si possono fare foto del formato tradizionale (24x36mm) oppure foto quadrate (24x24mm) oppure simpatiche foto rettangolari (17x24mm). In questo video potete osservare il modo si cambia il frame della foto:

A ben vedere, non funziona esattamente come nella Mini, sulla quale c’è un selettore con cui scegliere il frame, a seconda del caso. Nella LC-W, invece, lo si deve scegliere a priori, posizionando l’apposita mascherina all’interno della macchina.

Esempio di Half-Frame (dittico) – 17×24
Esempio di Square Format – 24×24

Se avete qualche dubbio, potete consultare i tutorial su come si monta la pellicola, le batterie e tutto quello che serve per utilizzare al meglio la fotocamera.

La caratteristica principale della LC-W è la lente Minigon ultra-grandangolare 17mm, che trovo molto interessante (ancora più wide della Ultra Wide&Slim by Superheadz, che ha un 22mm). Non solo, ma essendo così grandangolare, si può mettere a fuoco fino a 40 cm dal soggetto. Per questo, la Lomography la settimana scorsa aveva stuzzicato la curiosità dei fan con l’indovinello del “Near and far“! Pare, inoltre, che la lente vignetti e saturi ancora di più, rispetto alle precedenti versioni.

Esempio di Full Format – 24×36
Esempio di Full Format – 24×36

La messa a fuoco, inoltre, è stata semplificata ulteriormente e prevede solo due scelte: 0,40-0,90 cm e 0,90-infinito. Essendo completamente automatica come la LC-A, non si deve stare a pensare che coppia di tempi e diaframmi usare, grazie all’esposimetro interno e al selettore della sensibilità della pellicola, che va da 100 a 1600 ISO. Dunque, la LC-W pare una macchina decisamente adatta alla fotografia street, vista la sua semplicità e velocità di utilizzo.

Esempio di scatto close-up

Alla LC-W si possono ovviamente adattare gli accessori della LC-A+, come lo scafandro per le foto acquatiche e il dorso per le istantanee. Nello shop c’è un bundle in cui è compreso veramente tutto quello che si può desiderare.

La nota dolente, anche questa volta, è il prezzo: 349 euro. Lo trovo decisamente esagerato per una macchina che, anche se robusta, è pur sempre tutta in plastica. Mi chiedo se parte del prezzo sia giustificato dal lussuosissimo packaging della macchina che, come abbiamo visto prima, prevede: la scatola in legno, la fotocamera, due bei libri di fotografia, due rullini, le mascherine, le batterie e il cable release.

Se siete già possessori della LC-A+, potete ottenere un risultato simile a quello della LC-W aggiungendo alla vostra macchina l’obiettivo wide-angle. Avrete, in questo modo, una LC-A+ con un buon grandangolo di 20mm e una visuale pari a 120°, quasi come un fisheye! C’è da dire che con la LC-W non si ha la stessa distorsione prospettica: nonostante l’obiettivo sia un 17mm, l’angolo di visuale è di 107° e varia a seconda della dimensione del fotogramma.

LC-A+ – wideangle lens

Cosa si può aggiungere di più? A mio avviso, la LC-W è interessante, semplice e immediata per sperimentare tutte le divertenti tecniche lomografiche. Certo, se la Lomography facesse degli incentivi per la rottamazione delle vecchie LOMO, magari un pensierino ce lo si potrebbe anche fare …

Silvia – Holga My Dear