La tecnica del prebagno consiste nel immergere la pellicola in un bagno di semplice acqua prima di effettuare lo sviluppo in modo da rigonfiare la gelatina e renderla subito pronta ad adsorbire il rivelatore. Da una parte si pensa che in questo modo sia possibile ottenere uno sviluppo più uniforme, dato che la superficie della gelatina è già uniformemente bagnata e lo sviluppo ha già la strada aperta per raggiungere i cristali di alogenuto d’argento sospesi nell’emulsione. Inoltre si dovrebbe anche ridurre la latenza di sviluppo causata dal tempo necessario alla parte acquosa della soluzione di imbibire la gelatina, dato che questo è stato già fatto dal prebagno.
Dall’altra parte c’è chi sostiene invece che il prebagno ostacolerebbe lo sviluppo dato che la gelatina è rigonfia d’acqua e questa deve essere sostiuita dalla soluzione sviluppante ostacolandone quindi l’azione, aumentandone la diluizione e peggiorando anche l’uniformità d’azione con riultati deleteri sulla qualità finale. Inoltre i prodotti commerciali hanno già al loro interno un imbibente che, rompendo la tensione superficiale dell’acqua, provvede all’uniforme absorbimento dello sviluppo nella gelatina rendendo il prebagno inutile se non dannoso.
Altri considerano il prebagno utile ad eliminare lo strato antialone delle pellicole, nel timore che questo possa reagire con lo sviluppo causando dei problemi o colorando in qualche modo il negativo; a riguardo va ricordato che lo strato antialo è studiato appostamente per essere eliminato durante il trattamento e quindi è assolutamente innocuo, anche quando vuotando la tank lo sviluppo fuoriesce vibilmente colorato; si potrà notare che nel giro di qualche minuto la soluzione ritorna al colore originario senza nessuna conseguenza sulla sua attività.
Le posizioni contrastati riguardo al prebagno hanno portato spesso a discussioni e confronti tra i sostenitori e i detrattori di questa tecnica, in cui gli argomenti contro o a favore erano basati più su osservazioni soggettive di stampe e negativi, e trovare riscontri oggettivi su come e in che modo il prebagno influisca sulle qualità dell’immagine negativa è sempre stato difficile.
Venti anni fa fu pubblicato su una rivista statunitense un test piuttosto esteso sull’azione del prebagno su alcune pellicole e diversi rivelatori, corredato anche di dati sensitometrici; dall’articolo risultava che il prebagno in alcuni casi aumentava leggermente il contrasto e in quantità quasi ininfluente anche la sensibilità, in altri invece il contrasto diminuiva; in alcuni casi anche il comportamento di una stessa pellcola non era univoco all’azione del prebagno ma cambiava a seconda dello sviluppo usato.
La dicussione su prebagno si e prebagno no è comunque continuata fino ai giorni nostri e a intervalli regolari si riaffaccia sui forum, luoghi in cui si è spostata la discussione sulla fotografia analogica dopo la pressoché totale scomparsa delle riviste del settore, e proprio da una discussione su questo argomento su analogica.it è nata l’esigenza di eseguire un piccolo test per vedere come il prebagno influenza lo sviluppo del negativo.
Il test
Facendo riferimento alla discussione [url=http://www.analogica.it/tmax-100-35mm-vs-120-t9125.html]Tmax 100 35mm vs. 120[/url] è stato messo a confronto il comportamento della Kodak T-Max 100 e della Foma Fomapan 200 quando sottoposte al prebagno. Per quanto è dato di sapere queste pellcole hanno la stessa emulsione su tutti i formati in cui sono disponibili quindi, prettamente per motivi di costanza nel trattamento , si è deciso di utilizzare pellicole in lastre; formato 4×5 per la T-Max e 13×18 per la Fomapan 200. Una singola pellicola è stata tagliata a metà nel senso della lunghezza e le quattro pellicole sono state esposte a contatto con una scala di grigi graduata a 21 step della Stouffer. Per l’esposizione si è usata la luce alogena di un ingranditore con testa colore e dotato di otturatore, in modo da eliminare l’inerzia all’accensione della lampada ed avere un tempo di esposizione ripetibile e costante. Dato che la sensibilità nominale della pellicola Foma è il doppio di quella Kodak, per l’esposizione si è chiuso il diaframma dell’ottica dell’ingranditore di 1 stop rispetto all’esposizione data alla T-Max 100.
Una metà di ciascuna pellicola è stata immersa in una bacinella d’acqua per 5 minuti con agitazione costante, quindi le pellicole sono state inserite in un drum insieme alle altre due metà asciutte per passare nello sviluppo. Il trattamento è stato eseguito con una sviluppatrice Jobo ad una temperatura di 24°C e una velocità di rotazione di circa 75 giri/minuto. Come rivelatore si è usato il Kodak HC-110 diluito 1+63 per 7′, tempo scelto per cercare di ottenere dei risultati utilizzabili con entrambe le pellicole che hanno esigenze di sviluppo piuttosto diverse, ben sapendo che in ogni caso la pellicola Foma sarebbe stata sovrasviluppata. Il sovrasviluppo della Fomapan 200 non avrebbe rappresentato un problema dato che lo scopo del test era quello di verificare l’influenza del prebagno e non tanto quello di ottenere un negativo perfetto per la stampa.
Dopo il trattamento i 4 test sono stati letti al densitometro e si sono ricavate le curve caratteristiche per avere un confronto oggettivo di come il prebagno influenzi lo sviluppo.
Il grafico della curve caratteristiche mostra chiaramente che con la T-Max (sviluppata in HC-110 1+63) il prebagno aumenta la densità dei toni medio/chiari e delle alteluci; a partire da circa Zona VI fino a oltre Zona X la T-Max 100 sottoposta al prebagno si impenna annerendosi in maniera più sensibile con un relativo aumento del gradiente medio in generale e una riproduzione più chiara dei toni dal grigio medio in su. Lo spostamento sulle ombre è molto meno marcato ma si vede come il prebagno faccia assumere alla curva caratteristica della T-Max 100 un andamento leggermente più sinuoso.
Diverso è il comportamento della Fomapan 200; anche con questa pellicola il prebagno ha un certo effetto che però sembra essere meno accentuato. Le curve caratteristiche cominciano a divergere solo sule tonalità più chiare e in misura inferiore rispetto alla T-Max tanto che il gradiente generale delle curve è molto simile; G=0.71 senza prebagno e G=0.72 con il prebagno. Il piede e buona parte del tratto rettilineo delle due curve invece e pressoché sovrapposte, segno questo che con questa pellicola e usando questo rivelatore, il prebagno non ha influenza sulla registrazione delle ombre e delle tonalità medie più scure.
A questo punto del test ci si è posti una domanda: cosa succede se, non avendo mai usato il prebagno si decidesse di adottarlo come procedura standard? Oppure quanto ne risentirebbero i negativi se si decidesse di non usare più il prebagno in un flusso di lavoro che invece lo ha sempre previsto? L’introduzione (o l’eliminazione) del prebagno in un flusso di lavoro ben consolidato potrebbe produrre delle modificazioni tali da pregiudicare la stampabilità dei negativi?
Per cercare di dare risposta a questi interrogativi sono stati messi a confronto la risposta tonale delle pellicole con quella di una carta da stampa, in questo caso la Foma Fomabrom Variant III baritata lucida, sviluppata in ID-68 a 20°C per 3′. La T-Max 100 è stata messa a confronto con una gradazione 2 della carta (filtratura 30Y-30M) mentre a causa dell’elevato contrasto del test della Fomapan 200, questa pellicola è stata confrontata con la gradazione più morbida ottenibile con questa carta usando la massima filtratura gialla (130Y-00M) equivalente ad una gradazione 00, ottenendo questo risultato:
Dal grafico si evince che il contrasto locale tra le pellicole sviluppate normalmente e quelle passate nel prebagno è si diverso ma non tale da pregiudicarne la stampabilità; i toni hanno una distrubuzione abbastanza simile che dovrebbe essere facilmente recuperabile in stampa con piccoli interventi sia sulla gradazione di contrasto che sull’esposizione della stampa. Anche se il grafico della Fomapan 200 appare più “mosso” rispetto a quello della T-Max bisogna osservare che le gradazioni più morbide delle carte a contrasto variabile hanno una risposta tonale piuttosto discontinua, a causa del sovrapporsi delle componenti ad alto e basso contasto presenti nell’emulsione di queste carte, che contribuisce a rendere meno lineari le transizioni tonali.
Questo test limitato ha messo in luce anche altre differenze tra queste due pellcole che non hanno a che fare con il prebagno.
Esaminando il grafico con le curve sovrapposte delle due diverse pellicole si nota come il piede della pellicola T-Max sia appena pronunciato, segno questo che il test è sovraesposto. Dato che l’esposizione della Fomapan è stata ridotta di 1 stop, in virtù della sensibilità nominale più alta di questa pellicola rispetto alla T-Max, anche la curva di questa pellicola avrebbe dovuto mostrare l’asssenza del piede, mentre questo è chiaramente visibile nel grafico, segno questo che la sensibilità effettiva della Fomapan 200 è molto più vicina di uno stop a quella della T-Max. Bisognerebbe fare un test specifico e più preciso ma non credo di sbagliarmi molto affermando che la sensibilità effettiva della Fomapan 200 è solo un terzo di stop in più rispetto alla T-Max-100.
Questo test è sicuramente limitato e i risultati ottenuti non possono essere generalizzabili ma vanno considerati validi solo nel contesto della prova eseguita e relativamente alle sole pellicole testate rispetto allo sviluppo usato, in ogni caso speriamo di essere riusciti a dare una piccola informazione in più sull’argomento. Sicuramente sarebbe interessante approfondire maggiormente, magari testando anche come e quanto la durata del prebagno influenzi l’immagine negativa, ma lasciamo la risposta a questi interrogativi ad un eventuale futuro nuovo test.